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Ubaldo Mazzini, giovanissimo cronista, si serve del dialetto spezzino per componimenti poetici brillanti e arguti che terminano con lo scherno e il dileggio che i versi in lingua italiana non possono esprimere.
Edizione critica a cura di Pier Giorgio Cavallini. Prefazione di Giuseppe Benelli.
Quando il dialetto si propone all’ascolto, allora appare evidente la natura del suo legame con la poesia. L’intimo intreccio fra dialetto e poesia delinea percorsi molto più limpidi di quanto possa fare una riflessione, perché il dialetto propone nelle «parole nutrite di terra» la consapevolezza del suo spaesamento. Insomma, il dialetto ci mette di fronte a un “altrove” che parla di mancanze.
Così Ubaldo Mazzini, giovanissimo cronista, si serve del dialetto spezzino per componimenti poetici brillanti e arguti che terminano con lo scherno e il dileggio che i versi in lingua italiana non possono esprimere.
Nell’attuale edizione critica dei componimenti poetici dialettali di Mazzini, il curatore Pier Giorgio Cavallini propone per la grafia testi coerenti con quello che è venuto definendosi come
«spezzino letterario», con l’adozione di norme ortografiche da lui intrapresa e portata avanti nel tempo.
I testi sono corredati da una traduzione letterale fruibile e da un apparato di note storiche e linguistiche.